Matteo Portinaro ci porta ancora una volta indietro nel tempo, per esplorare meglio il perchè Maggiora è entrata nella leggenda e nel cuore degli appassionati di Motocross.
Raccontare miti e luoghi leggendari è sempre un’impresa ardua. Così ho cercato di raccogliere alcune tracce, analizzandole, con l’intento di provare a restituire in chi le ha vissute un’emozione simile a quella provata in quei momenti, cercando di farle apparire ancora fresche e nitide. Poco più di un anno fa di questi tempi si parlava quasi esclusivamente della vicenda di Maggiora, di quella chiusura che ha fatto tanto discutere e degli ipotetici scenari che avrebbero potuto prendere vita. Parole su parole riversate su riviste e social che alla fine non hanno comunque mutato la situazione. Lo storico impianto del “Mottaccio del Balmone” ad oggi continua ad essere chiuso e l’argomento è stato quasi messo nel dimenticatoio. Noi invece ci teniamo a non far scemare l’interesse verso quello che, a ragion veduta, è considerato come uno dei templi storici di questo sport. Si sa che nel nostro paese la legge ha tempi molto dilatati, ma continuiamo a sperare che al più presto ci potrà essere il lieto fine.
Sarà questione di una memoria lunga, una di quelle che fa sentire il suo peso ogni giorno, di un cuore che ogniqualvolta sente nominare il nome di questa pista incomincia a battere all’impazzata, scatenando ricordi inaspettati ed improvvisi. Inutile provare a fare finta di niente, cercare di non pensarci. Maggiora è viva nel cuore di ogni appassionato, perché ha sempre offerto qualcosa di emozionante, quello che in fondo ogni essere umano cerca per sentirsi vivo. Chi crede che sia solo un crossodromo pecca alla grande. Le sensazioni provate osservando le gesta dei tanti campioni che hanno corso in questo impianto escono fuori al minimo pensiero. Basta un collegamento, un minimo dettaglio per venire inghiottiti da una sequenza nitida di istanti che hanno scavato dentro di noi, donandoci momenti che hanno preso il sopravvento su delusioni e circostanze poco felici.
Siamo così ritornati con la mente al Motocross delle Nazioni 2016: una parata di stelle del passato, da Everts e Rinaldi, passando per Puzar, Chiodi, Fanton, Smets e tanti altri, ha anticipato quello che sarebbe stato un duello infuocato diviso in tre manche per la vittoria finale tra le migliori nazioni del mondo. Ecco, abbiamo colto in quegli istanti un coinvolgimento inspiegabile da parte di ogni spettatore presente, dal più giovane al più anziano, quasi come se la differenza di età si fosse all’improvviso ridimensionata. Abbiamo visto persone commuoversi dinanzi al loro passaggio. Un caso? No, perché negli occhi lucidi di quegli appassionati c’era dentro un ricordo vivo e potente, che nessuna parola avrebbe mai potuto rendere a dovere. Tutto questo per testimoniare quanto Maggiora sia riuscita ad andare oltre lo sport.
Ovviamente non dimentichiamo tutti coloro che su questo tracciato hanno scritto la storia. Se citarli tutti diventa impresa ardua, ci teniamo a rimembrare alcune imprese leggendarie realizzate sulla pista piemontese: per il loro valore, per la scia luminosa di emozioni, rimasta intatta nonostante il trascorrere del tempo. Piloti, ma come diciamo spesso, prima di tutto uomini che hanno saputo annullare qualsiasi sorta di timore in un’istante, agendo con il cuore e d’istinto.
Così è stato per Johnny O’mara nello storico Motocross delle Nazioni 1986: alla sua ultima gara in Honda, con il dente avvelenato per non aver ottenuto la conferma nel team più blasonato al mondo. Un’amarezza che caricò la rabbia di O’show, convinto di essere ancora in grado di fare la differenza come pochi altri al mondo. E così fece: in sella alla 125 si tolse la soddisfazione di andare a riprendere e superare tutti i migliori interpreti del mondiale 500, compreso il campione del mondo David Thorpe. La velocità mostrata dallo yankee quel giorno fu inarrivabile per chiunque altro. Spondava a destra e a sinistra del tracciato senza mai chiudere il comando del gas, dettando un ritmo di gara impressionante. La voglia di dimostrare a chi di dovere (in primis Roger De Coster) di aver commesso un enorme sbaglio smosse come non mai l’animo di O’mara, che si piazzò in entrambe le frazioni a cui prese parte dietro solo ai compagni di team (Johnson e Bailey), costretti anche loro a tirare come ossessi, a non calare neanche per un attimo il ritmo per non subire lo stesso smacco. Già, perché quel giorno l’americano non si sarebbe fermato davanti a niente, avrebbe annichilito chiunque senza dar conto a nessuno. Il 21 Settembre 1986 cambiò per sempre la storia del motocross e buona parte del merito andò proprio a Johnny, eroe di giornata su una piccola ottavo di litro.
Quattro anni dopo a dare uno schiaffo morale al mondiale della classe 250 ci pensò Alex Puzar. Risorse dall’ultima posizione grazie ad una rimonta da pazzi, una di quelle che costrinse tutto il pubblico a seguire la manche con il cuore in gola, attaccato alle transenne per incitare quel giovane ragazzo che aveva deciso di mostrare ad ogni singola persona presente cosa fosse capace di realizzare. Neanche il tempo di partire che si ritrovò steso alla prima curva, perdendo poi nuovamente il controllo della moto per una frazione di secondo sempre nel corso del primo giro. Da quel momento in poi l’uragano Puzar spazzò via tutti quelli che trovò davanti: la leggenda narra addirittura che durante la rimonta si sentissero le urla di Alex dentro il casco, come se si stesse incitando da solo. Il piemontese coinvolse il pubblico come nessuno prima di allora era stato in grado di fare, giungendo quarto dopo aver realizzato qualcosa di più che una semplice rimonta. La sua impresa mandò quasi in secondo piano la vittoria del rivale Trampas Parker. Il successo nella seconda frazione fu poco più di una formalità per l’alfiere del team Rinaldi. Il sorriso sincero e spontaneo di quel 21enne catapultò gli appassionati in un altro pianeta: quello di un ragazzo in grado di andare oltre, un genio assoluto che di accontentarsi proprio non ne voleva sapere. 36 sorpassi firmati indelebilmente con il nome di Alessandro Puzar, che poco meno di tre mesi dopo sarebbe salito sul tetto del mondo.
Per ultimo (ma solo perché stiamo andando in ordine cronologico) non si può escludere da questa breve lista Tony Cairoli. Il GP d’Italia 2015 fu la giornata che segnò l’inizio dei problemi fisici che per due stagioni si è portato a presso. Una caduta avvenuta durante la gara di qualifica del Sabato rischiò di compromettere seriamente la partecipazione del campione di Patti alla gara più attesa da ogni pilota, quella di casa. Nonostante una doppia frattura alla mano ed una sublussazione del gomito, l’alfiere della KTM strinse eroicamente i denti, portando a casa punti pesanti che assunsero un valore enorme date le precarie condizioni fisiche. Buttò il cuore oltre l’ostacolo, mettendo a tacere anche i dolori più forti, quelli che martellavano testa e fisico. Tony guidò per due manche praticamente con una mano sola, staccando varie volte il braccio dal manubrio per dargli un attimo di tregua. Nella frazione d’apertura il suo moto d’orgoglio gli permise di scattare incredibilmente in terza posizione, concludendo poi 7° assoluto. Poco prima del via della seconda manche, furono molti i dubbi per Cairoli concluso il giro di ricognizione: le telecamere ripresero lo sguardo sofferente del siciliano che alla fine decise di schierarsi ugualmente dietro al cancelletto. Questa volta finì 18°, dopo una gara corsa con il solo intento di arrivare in fondo e raccimolare quanto possibile. A fine prova bastò osservare le condizione del suo braccio sinistro per accorgersi dell’impresa realizzata da Cairoli. Dopo poche gare il sogno mondiale si interruppe definitivamente, ma quello che rimane di quel giorno è il coraggio di una persona che neanche davanti alle avversità più grandi ha desistito, dimostrando quanto la capacità di saper soffrire e la passione possano fare la differenza. Non sempre nello sport per essere un vincente bisogna arrivare primi, Tony ne è un esempio lampante.
Sintetizzare Maggiora e tutti i fatti accaduti in più di 50 anni di gare non era possibile in poche righe. Questi tre eventi hanno di certo segnato la storia del “Mottaccio del Balmone” e ci auguriamo di cuore che entro breve l’impianto potrà rinascere per continuare ad emozionare come ha sempre fatto in ogni sua occasione. Lo merita la storia e lo meritano tutti quelli che su questa pista hanno vissuto momenti indimenticabili della propria vita.
Articolo by Matteo Portinaro – Foto by Cesare Bassetti
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